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Le cose stanno così
popoliamo un velo di crosta terrestre
devastandolo con guerre e disastri
bastando pochi secondi di grado
dall’equilibrio, tra un’esile redenzione
e un set di scelte distruzioni totali
Corpo natura immaginazione
Noi viviamo costantemente entro uno spazio quadrimensionale (spazio e tempo) e fin dalla primissima infanzia abbiamo esperienza della nostra limitatezza. Il fatto stesso di essere in un luogo ci preclude altre esperienze, così come l’essere in un dato tempo piuttosto che in un altro ci pone all’interno di specifici e limitati set di possibilità. L’esperienza del corpo è primaria e determinante. È all’interno di esso che noi sperimentiamo che la rete delle nostre biforcazioni possibili ha un limite, ed è anche all’interno di esso che tentiamo talvolta di allargare gli orizzonti dell’esperienza vissuta.
Dal limite fisico della nostra corporeità possiamo anche immaginare il diverso e noi viviamo costantemente entro un set corporeo limitato, ma anche dentro un mondo virtuale in cui immaginiamo ciò che non ci è attualmente dato. Vediamo e tocchiamo quello che abbiamo qui nella stanza, ma immaginiamo e sappiamo quello che c’è nella stanza accanto. Dalla consapevolezza del nostro limite corporeo deriva anche la coscienza di altre possibilità praticabili o raggiungibili.
La violenza al corpo fisico, che si attua nella tortura o nella violenza fisica della natura, non è negativa solo perché contraddice ai principi morali e umani, ma lo è anche perché è radicale mutilazione del futuro, restringimento degli spazi sociali e culturali possibili, oltre che fisici, entro cui il sistema Io-Noi oscilla. In questo senso, la violenza al corpo e alla natura, anche se non percepita direttamente, è il brutale collasso delle chance future di tutti, reso possibile per mezzo della riduzione del corpo a materia inanimata. Questa riduzione non riguarda solo il polo soggettivo di vittima-carnefice, ma l’intera umanità. Nella violenza si rendono possibili percorsi reali di disumanizzazione, che non coinvolgono solo la vittima ma tutti gli uomini della Terra, in quanto elementi di un tutto interconnesso e reciprocamente determinato.
Siamo costituzionalmente, storicamente e geneticamente adatti a generare l’utopia, tuttavia lo facciamo entro la mappa delle possibilità che ci sono offerte dalla rete e dalle connessioni entro cui viviamo.
Uccidere le idee è uccidere anche il corpo. E uccidere il corpo è annullare il futuro. Dobbiamo imparare ad amare il viso, la voce, il linguaggio, anche diverso, anche astruso, per amore del futuro, per ampliare la gamma delle possibilità storiche di progresso e di libertà fruibile del sistema. Dobbiamo imparare ad amare anche il raglio d’asino che vuole diventare voce, la nota stonata, la bellezza dello zoppo, il grido che vuole comunicare con l’altro.
(da Itinerari Atletici)
Pier Mario Vello 29-06-2014 – 29-06.2020
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Nevicata a Monte Artent
Il caos stende a terra la mappa della sua teoria
Einstein e mio padre guardano l’orologio del mondo
e con un pungolo così dolce ricordano
che dobbiamo fare un passo indietro e
che è ora di svegliare la pietà che dorme.
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Discepoli
Bevendo il caffè insieme questa mattina
mi ha confessato di aver rinunciato al doppio
per continuare a lavorare insieme all’incudine
ricordo bene il cognome, con difficoltà il nome
sono grato di percorrere un tratto con lui
entro un rapporto tenuto a timida distanza.
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Strada per la casa della fontana
Solo dolci tornanti ombrosi
distaccano dal mondo e immettono
dove tu solo sei tu solo sai il senso
di chi è entrato nella destinazione di se stesso
Dimenticare
dimenticarvi tutti
lentissima e inesorabile nostalgia
non è scattato per noi il cuore
né amati né odiati
non è scattata la scintilla
informi e in fondo buoni ma insieme vani
nessun miracolo avviene
con scarsa pietà
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Strada che porta a Stabie nel giorno di Pasqua
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Rassicurante non avere niente da ridire
il fatto che ci siano sedie pronte per dialogare
il nulla intimo a cui tornare è rincuorante
è rassicurante il vuoto arcaico dei cortili.
E il corniolo in fondo al paese è troppo timido
per mettere fuori prematuramente umide foglie.
È tranquillizzante sapere che si può vivere con poco
e non dover alla fine scoprire di aver speso
tutta la vita entro regole altrui
non comprese ma supinamente seguite.
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Sentiero della caduta
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Siamo soggetti a cadere a volte con le braccia a terra
e la bocca e le parole rotolano
come brocche vuote
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Apparteniamo a bande rivali
e a gruppi che si lasciano
e si riprendono
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Siamo umani, vulnerabili e umani
siamo altrove, non apparteniamo
non applaudiamo, non ascoltiamo
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Rimane di noi una scia
anche solo di lumaca
nel cuore degli altri?
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Val Canali
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Verranno tempi migliori
il tempo rovescia le cose
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Le soddisfazioni hanno girato le spalle
Il dolore ha fatto la sua comparsa in scena
bevendo sfrontatamente il nostro caffé
e non si scolla dalla sedia, sfidandoci
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Presta attenzione
a riconoscere intorno i segni della leggerezza
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la pazienza di campane quando tacciono
la nuvola bianca e impalpabile dei narcisi
la cinciallegra che ha nidificato sotto trave
la corazza variopinta del coleottero che atterra
il chiudere le palpebre per un dolce sorriso
il lungo sospiro che si lascia alle spalle il mondo
il salto nel vuoto delle cascate a primavera
le rondini sopra Granada.
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Verso il passo Finestra
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oggi che ogni ricordare è un lusso
rimane in mente la comunanza e non il lavoro
solo la polvere d’oro setacciata e non il torrente
delle sofferenze ho vergogna e non voglio parlartene
se ci furono le ho dimenticate
ci rimane solo il fuoco dello stare insieme
il riposo atteso quando ci sentimmo
rinfrancati gli uni dagli altri.
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Sentiero ai Piani Eterni
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Felice chi sta nel mezzo di amici
forti e di spessore interiore.
Bisognerà prima o poi ritrovare
la postura mentale da cui lanciarsi.
Impervia e lontana si lascia andare
la mente perfetta e senza confini
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Il sentiero delle api
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Dovunque tu sia, figlio, se ritorni la sera dominato
e dispersa falce lunare dentro la nebbia del cielo
nella città odiata che non solleva la testa dai secoli
ascolta il mio consiglio e apprendi
come danza la saggezza sulle spalle del Tempo
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Tieniti saldo al sorriso forte, afferrati all’idea alata
al fiocco d’aria della speranza all’altruismo
all’abbondanza del buonumore che fa dialogare
vai lungo il sentiero delle api tra le erbe e il latte
tra lo scempio il giallo e l’orma dei prati.
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Vai umile e senza macchia nel ronzio del miele
tra il lieve grammo degli uccelli e i grilli infaticabili
tra pesci sinceri e lucciole addormentate nella pece
dell’accortezza, e cura e cammina per la valle giovane
forte sole alto con un maestoso stendardo di pace.
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Ti salverà la noncuranza la corta memoria che ripara
l’errore e l’assenza di rancore il dialogo e la pazienza
Ti salverà l’aver evocato l’umano l’appello alla gioia
l’aver intravisto la ragione eroe armato di passione
che abbassa il furore tonante che canta smisurato
il buonumore.
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Epoche
Fra 10.000 anni l’oggi non avrà senso.
Le automobili sull’autostrada – insensate –
frenano e vanno frenano e vanno
in continue maree di fanali.
Domani al primo sole con gioia
le ragnatele mostreranno tra le rose
l’esplosione dei diademi di rugiada.
Le foglie umide nottetempo prima di cadere
nel silenzio sono sole e hanno un che
di umano e sovra temporale.
Fra 10.000 anni qualcuno userà
della tenerezza nei nostri confronti
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Soli nella notte
a
E’ notte. Hanno dimenticato
di caricare la pendola
Sola nel buio
la carica è agli ultimi tocchi
Hanno dimenticato la luce
accesa sotto il portico
La catena del pozzo riposa
Di assidue cure
hanno bisogno le cose
Aspettiamo
La pendola talvolta
rallenta talvolta
accelera come pensando
a qualcuno È Natale
È inspiegabile È giusto che
la luce accesa
festeggi
Alle cascate della Soffia
Se perdi la libertà non puoi risplendere.
La morale si piega e si deforma come fichi secchi.
Mai vorrei perdermi nelle strade che vomitano gente
che sono a loro volta vomitate nella Pianura Padana.
Si è fatto tardi – ho sprecato il mio tempo.
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AAAAA